Sebbene la ricerca di un farmaco per il trattamento dell’Alzheimer prosegua da diversi anni a livello mondiale, a oggi la malattia non può essere curata né rallentata. Al momento sono in fase di sperimentazione clinica più di 100 diversi principi attivi. Uno di questi è il Lecanemab, sviluppato dalla società farmaceutica giapponese Eisai insieme all’azienda partner statunitense Biogen. Il 6 gennaio 2023 questo farmaco, che porta il nome di Leqembi, è stato approvato negli USA.
Conosciuto anche con il nome di BAN2401, il Lecanemab mira a modificare la biologia alla base dell’Alzheimer, rallentando la progressione della malattia a uno stadio iniziale. Il principio attivo non permette tuttavia di curare l’Alzheimer.
Il Lecanemab è un anticorpo monoclonale umanizzato in grado di indurre un’immunizzazione passiva concentrandosi sui depositi proteici nel cervello, caratteristici dell’Alzheimer. Nello specifico agisce sugli aggregati di beta-amiloide, una delle due proteine il cui accumulo e deposito sarebbero, secondo le ricerche attuali, tra le cause della malattia.
Un’infusione ogni due settimane
Negli ultimi dieci anni il principio attivo è stato oggetto di numerosi studi clinici, a cui hanno preso parte centinaia di persone. Di recente l’efficacia del Lecanemab è stata testata nel corso dello studio di fase III Clarity AD, che ha coinvolto circa 1800 partecipanti affetti da Alzheimer allo stadio iniziale. Ai soggetti è stato somministrato un placebo o il Lecanemab (10 mg/kg) tramite infusione intravenosa effettuata ogni due settimane per un periodo di 18 mesi. Per dimostrare l’efficacia del principio attivo, nel corso dello studio sono stati monitorati, tra l’altro, la gravità dei deficit cognitivi e funzionali e il livello di beta-amiloide nel cervello, oltre all’insorgenza di effetti collaterali.
Primi risultati incoraggianti
Gli incoraggianti risultati dello studio sono stati presentati da Eisai e Biogen in occasione di una conferenza internazionale tenutasi a San Francisco il 29 novembre 2022. Essi mostrano che, su un periodo di 18 mesi, rispetto al placebo il Lecanemab riduce del 27% il declino clinico a livello cognitivo e funzionale. Dopo 18 mesi di trial è stata inoltre documentata una riduzione significativa della quantità di beta-amiloide ad opera del Lecanemab.
Il principio attivo può tuttavia dare luogo ad effetti collaterali, come edemi cerebrali o micro-emorragie. Questi sono risultati comunque in linea con le aspettative delle aziende farmaceutiche e si sono manifestati con una frequenza minore rispetto ad altri principi attivi analoghi testati in precedenza.
I risultati dettagliati sono stati pubblicati anche sulla rivista scientifica The New England Journal of Medicine.
Aggiornamento riguardante l’approvazione
Sulla base dei promettenti risultati dello studio, Eisai e Biogen hanno richiesto l’approvazione negli Stati Uniti, cosa che è avvenuta il 6 gennaio 2023 da parte della Food and Drug Administration (FDA), l'autorità competente in materia. Eisai e Biogen hanno richiesto a Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici, una procedura di approvazione accelerata. Al momento ancora non si sa se e quando questo avverrà.
Le cure non farmacologiche continuano a essere importanti
Sulla base dei risultati degli studi, Eisai e Biogen prevedono di richiedere l’autorizzazione per il farmaco alle autorità statunitensi, giapponesi ed europee nella primavera del 2023. Non è ancora chiaro quando le aziende presenteranno la domanda in Svizzera né quando l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic la esaminerà.
In caso di approvazione, il Lecanemab verrebbe inoltre somministrato solo ai pazienti a uno stadio iniziale della malattia. Gli interventi non farmacologici continuano dunque a rivestire un’importanza centrale al fine di stabilizzare o migliorare la qualità di vita delle persone affette da demenza e dei loro familiari.
