All’epoca Martin, dopo aver realizzato con successo diversi progetti in Tailandia per conto di un’agenzia umanitaria, stava lavorando in Svizzera come responsabile di un centro per rifugiati. Purtroppo in quel periodo a sua madre venne diagnosticato il morbo di Alzheimer in uno stadio già avanzato. A lungo la donna aveva cercato di nascondere la malattia, ma alla fine la verità era venuta a galla. Dopo la diagnosi il figlio tornò a vivere nella casa dei genitori, occupandosi della madre quando non trascorreva le giornate in una clinica diurna. Martin prese cura di lei per nove mesi in Svizzera, mentre cercava un istituto adatto alle sue esigenze. Durante questo periodo si rese conto che gli sarebbe piaciuto tornare a vivere in Asia.
 

La partenza per la Tailandia

Poiché Martin conosceva già la cultura tailandese e sapeva anche dell’apprezzamento e del rispetto di cui godono le persone anziane, decise di ritrasferirsi lì con la madre. Ciò che era apparsa come una situazione provvisoria, si dimostrò un’esperienza di grande valore. Martin ingaggiò tre aiutanti dell’ospedale locale per prendersi cura 24 ore su 24 della madre e insieme crearono una comunità abitativa. Anche se le assistenti e la madre non avevano una lingua in comune, in breve tempo crearono un legame stretto che permetteva loro di comunicare. In Svizzera la donna, che aveva sempre più difficoltà a esprimersi verbalmente, si tratteneva dal parlare. «In Tailandia mia madre è come rifiorita e ha ripreso a parlare, anche troppo!», racconta ridendo Martin. 
 

Una crescita organica

Sostenuto dall’esperienza positiva, Martin decise di creare in Tailandia un luogo di riposo anche per altre persone affette da demenza. Il posto perfetto lo trovò nella regione di Chiang Mai. Invece di costruire un grande edificio, utilizzò singole casette già esistenti nelle quali trasferì i pazienti e i loro assistenti. «In questo modo il nostro centro d’accoglienza è cresciuto in modo organico insieme al villaggio già esistente», spiega Martin. <

Un importante fattore di successo è legato alla cultura tailandese, che conferisce grande rispetto alle persone anziane, combinando contatto fisico, vicinanza e tenerezza senza oltrepassare i confini personali. Si tratta di elementi importanti, che hanno un impatto positivo sulle persone affette da demenza. 
 

Il minimarket Coop e i cartelli gialli

Al momento nel villaggio vivono 14 persone affette da Alzheimer o da un’altra forma di demenza. Per mantenere intatto l’equilibrio con gli altri abitanti e non rovinare la bella atmosfera familiare, non è previsto alcun ampliamento della struttura.  Al centro del villaggio si trova un minimercato Coop, che funge anche da punto d’incontro, e i classici cartelli gialli usati in Svizzera per segnalare i sentieri. Le persone affette da demenza hanno inoltre portato altri pezzetti di Svizzera in Tailandia: canzoni popolari e specialità della cucina svizzera come i rösti o la purea di patate. 
 

Il coraggio di provare qualcosa di nuovo

Nonostante i riscontri positivi, il progetto Baan Kamlangchay non è adatto a chi non sopporta il clima tropicale. In generale si tratta di una soluzione indicata solo per un gruppo ristretto di persone, vista la grande distanza tra la Tailandia e la Svizzera.  Le visite ai familiari vanno infatti pianificate con grande anticipo e non possono avvenire in modo veloce e spontaneo. «Sono sicuro che anche in Svizzera esistono tante offerte interessanti per le persone affette da demenza», aggiunge Martin. A suo avviso è importante che le persone affette da demenza e i loro familiari cerchino diverse opzioni e sperimentino. Il percorso di vita durante la malattia deve continuare a essere unico e individuale come lo era prima, andando incontro alle esigenze delle persone malate e di chi le assiste. Il caso suo e di sua madre ha dimostrato che tentare nuove strade può risultare oltremodo fruttuoso.