Grazie al supporto di parenti e amici, la madre ottantaseienne di Maria B.* vive ancora da sola nel suo appartamento in affitto. Improvvisamente il suo stato di salute peggiora e non è più in grado di orientarsi né di prendersi cura di sé stessa. Un ricovero in casa di cura si rende necessario. Questa è una situazione che molti familiari di persone affette da demenza conoscono bene. La disdetta dell’appartamento di un proprio caro malato di demenza crea per molti una serie di problemi legali. Ciò succede anche a Maria B., che non sa se con la sua firma ha il diritto di disdire l’appartamento. 

Fare le veci di qualcuno grazie a un mandato precauzionale
In sostanza, si tratta di stabilire fino a che punto i figli o altri familiari possano agire per conto dei propri cari affetti da demenza le cui capacità cognitive sono così gravemente compromesse da essere considerati incapaci di intendere e volere. Problemi di questo tipo si possono evitare se si crea per tempo un mandato precauzionale, che va convalidato dall’APMA (l’autorità di protezione dei minori e degli adulti). La persona incaricata del mandato precauzionale ha il diritto (e il dovere) di rappresentare la persona non più in grado di discernimento. Di norma, questa rappresentanza comprende anche l’annullamento di contratti di locazione o la stipula di contratti di assistenza. In assenza di un mandato precauzionale, il familiare più prossimo può, secondo la legge, stipulare per lo meno un contratto di assistenza con la casa di riposo (cfr. art. 382 cpv. 3 in combinazione con l’art. 378 CC). Maria B., che è molto vicina a sua madre, e che si occupa intensamente di lei, ha quindi il diritto di firmare il contratto in sua vece. Meno chiara è la situazione riguardante lo scioglimento del contratto di affitto.

Non sempre è necessaria una curatela
Se non esiste né un mandato precauzionale né una corrispondente procura, ci si chiede se Maria B. debba rivolgersi all’APMA per disdire il contratto di locazione. Se la madre è ancora in grado di capire che non è sensato mantenere l’appartamento, può dare il suo accordo. La disdetta di un contratto d’affitto non è una transazione complessa e non sono richieste grandi capacità di giudizio. Se la capacità di intendere e volere della madre è chiaramente assente, Maria B. deve invece cercare il dialogo con il locatario. Solo se non si trova un accordo si renderà necessario coinvolgere l’APMA, che valuterà la necessità di diramare una misura di protezione. Se l’unico problema è la cessazione del rapporto di locazione, l’APMA di solito non ordina una curatela. Si applica il principio di sussidiarietà delle misure previste dal diritto della protezione degli adulti, vale a dire che tali misure sono ordinate solo se non esistono altre soluzioni. Ai sensi dell’art. 392 del Codice civile svizzero, l’APMA può dare il proprio consenso alla risoluzione (comma 1) o incaricare qualcuno di effettuare tale risoluzione (comma 2). 

Quando una curatela è necessaria
Se la necessità di assistenza non si limita alla cessazione del rapporto di locazione, ma la persona interessata ha bisogno di un’assistenza completa dal punto di vista personale, amministrativo e finanziario, è appropriata una curatela ai sensi dell’art. 390 del Codice civile svizzero. Ciò solo nel caso non esista un mandato precauzionale che copre questi casi. L’assistenza deve essere basata sulla situazione specifica e sulla necessità di supporto prevista. La curatela può essere svolta anche da un membro della famiglia. 

L’importante è sapere che una curatela non è sufficiente per disdire un appartamento. Ai sensi dell’art. 416 comma 1 n. 1 CC, il consenso dell’APMA è necessario se la persona rappresentata è incapace di intendere e di volere o rifiuta di dare il proprio consenso. Nel primo caso l’APMA richiede un certificato medico che attesti l’incapacità di discernimento.