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«Demenza» ha spesso un’accezione negativa nel linguaggio colloquiale e viene erroneamente collegata alla pazzia. Il termine è tuttavia utilizzato dall’OMS nel suo sistema di classificazione delle malattie a scopo diagnostico e raggruppa diverse malattie cerebrali che si manifestano con sintomi simili. Come sinonimo di demenza viene utilizzata anche l’espressione «disturbi neurocognitivi».

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Ricordi in conserva

aprile 2021

Come «piccola di casa» nata molto dopo mia sorella, ho avuto la fortuna di ricevere più attenzioni dai miei genitori, che avevano più tempo da dedicarmi rispetto a lei. Mio padre, in particolare, non appena il lavoro glielo consentiva mi portava con sé. Andavamo spesso in piscina, a camminare in montagna o nel bosco a osservare i vari animali che lo popolavano. Essendo uno scienziato riteneva importante spiegarmi come funzionasse la natura facendomi conoscere la flora e la fauna.

Uno dei ricordi più belli è quando una notte, durante una vacanza, lui mi mostrò i pianeti e le stelle. Ci capii poco: dovevo essere ancora abbastanza piccola. Stare però accanto a lui nell’oscurità, con la mia piccola mano nella sua grande mano a osservare l’immensità dell’universo, mi regalò un momento di amore e appartenenza che sento ancora oggi quando ci ripenso.

Alcuni anni prima di ammalarsi di demenza, durante una passeggiata mi ha detto: «Mi piacerebbe conservare i miei ricordi più belli in barattoli di vetro e aprirli ogni volta che mi viene voglia di rivivere le stesse sensazioni con la stessa intensità. Proprio come si fa con un flacone di profumo quando si viene storditi dalla sua fragranza.»

Quando mio padre trascorse i suoi ultimi tre anni in una casa di cura, soprattutto nella prima fase della malattia parlava spesso del passato. Anche dopo, quando sempre più spesso si ritirava nel suo mondo, vi erano questi momenti speciali durante i quali sembrava uscire dalle tenebre. Allora sul suo viso si formava un sorriso quasi beato e raccontava episodi del passato che a quanto pare lo avevano particolarmente impressionato. Spesso parlava di sua mamma, la mia nonnina, del suo gatto che aveva tanto amato e di vecchi compagni di scuola ai quali era solito fare degli scherzi. In simili momenti mi chiedevo se avesse per caso aperto uno dei suoi barattoli dei ricordi, tanto felice appariva.

È incredibile pensare che mio padre se ne sia andato già da vent’anni. Anch’io nel corso della mia vita ho conservato ricordi speciali. E quando lui mi manca in modo particolare apro uno dei «barattoli» legati a lui. Uno dei miei preferiti è quello della notte trascorsa ad ammirare le stelle, perché sento il mio papà particolarmente vicino. In seguito chiudo di nuovo il barattolo in modo ermetico, affinché momenti come questo non svaniscano mai.

Silvia Aeschbach

Silvia Aeschbach è giornalista, autrice e blogger. Scrive su diverse testate, fra cui tagesanzeiger.ch e la Sonntagszeitung. Su Coopzeitung cura inoltre una rubrica molto amata. Ha scritto sei bestseller. L’ultimo, «Sind denn alle guten Männer schon vergeben?» è uscito nell‘autunno del 2020. Silvia Aeschbach vive a Zurigo con suo marito e i loro due cani.

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