Al momento non esiste alcun farmaco in grado di prevenire, arrestare o guarire l’Alzheimer o le malattie legate alla demenza. L’Alzheimer è una malattia estremamente complessa dall’andamento progressivo. Poiché non sono ancora noti tutti i meccanismi biologici, lo sviluppo di farmaci per il trattamento è arduo. In tutto il mondo si conducono comunque da anni ricerche su varie sostanze attive per il trattamento del morbo di Alzheimer.
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Nel giugno 2023, Eisai ha presentato all’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del principio attivo Lecanemab.
Approcci alla ricerca sull'Alzheimer
Al momento vi sono più di 100 diverse sostanze attive che sono oggetto di studi clinici. In questi studi, si misurano la sicurezza, il dosaggio, la tollerabilità e l’efficacia dei principi attivi in persone sane e in persone affette dal morbo di Alzheimer. Così facendo si perseguono diversi approcci al trattamento della malattia, puntando a numerosi meccanismi d’azione nel cervello.
I principi attivi studiati negli studi clinici sull’uomo possono essere divisi in tre gruppi. Il primo gruppo è composto da sostanze attive che trattano e alleviano i sintomi dell’Alzheimer. Hanno lo scopo di stabilizzare le prestazioni del cervello o di ridurre i disturbi comportamentali e dell’umore nei malati. Queste sostanze possono migliorare la qualità di vita delle persone affette da demenza e dei loro familiari, ma non mirano principalmente a trattare le cause biologiche dell'Alzheimer e quindi a fermare o curare la malattia.
Gli altri due gruppi perseguono invece l’obiettivo primario di modificare la biologia sottostante la malattia, rallentandola o, nel migliore dei casi, curandola. Si fa anche una distinzione tra i farmaci biologici, ottenuti da organismi viventi e somministrati, per esempio, come infusioni, e le piccole molecole, assunte per via orale.
Al giorno d'oggi, la maggior parte degli studi clinici sui principi attivi mira a influenzare i meccanismi alla base della malattia di Alzheimer. Così facendo si seguono diversi approcci nell’ambito della presunta patogenesi della malattia (video dell’Iniziativa sulla ricerca contro l’Alzheimer, in tedesco Alzheimer Forschung Initiative e.V.). Questi mirano, per esempio, a ridurre il deposito di proteina tau o beta-amiloide, al fine di prevenire i processi infiammatori o la morte delle cellule nervose nel cervello.
La ricerca contro l’Alzheimer nel mondo
Vari composti per il trattamento del morbo di Alzheimer sono in una fase avanzata di sviluppo in tutto il mondo. Nei cosiddetti studi clinici di fase 3, la tollerabilità e l’efficacia delle sostanze attive vengono esaminate su diverse migliaia di partecipanti allo studio. Se un produttore può dimostrare con sicurezza il successo terapeutico di un principio attivo, l’autorizzazione all’immissione in commercio viene solitamente concessa.
In questa fase avanzata di sviluppo, la maggior parte dei principi attivi attualmente studiati sono anticorpi diretti contro i depositi di proteine nel cervello. In base alle conoscenze attuali, la malattia di Alzheimer è dovuta, tra l’altro, a questi depositi proteici nel cervello, i cosiddetti depositi di beta-amiloide (Aβ). Essi sono causati dall’accumulo e dal misfolding delle proteine, che successivamente vanno a formare molecole tossiche nel cervello. Ciò può provocare infiammazioni e la morte delle cellule. La somministrazione di anticorpi che attaccano i depositi di Aβ caratteristici della malattia ha lo scopo di ridurne o impedirne la formazione.
I principi attivi che seguono questo approccio sono il principio attivo Donanemab della casa farmaceutica americana Eli Lilly e il principio attivo conosciuto con i nomi di Lecanemab e BAN2401 della casa farmaceutica giapponese Eisai e dell’azienda partner statunitense Biogen.
Secondo il comunicato stampa rilasciato da Eli Lilly il 3 maggio 2023, in uno studio di fase 3 il trattamento con Donanemab ha rallentato il deterioramento clinico del 35% rispetto al placebo diminuendo del 40% le difficoltà nello svolgere attività della vita quotidiana.
Lo scorso settembre Eisai e Biogen hanno inoltre comunicato i primi risultati incoraggianti riguardanti il loro principio attivo Lecanemab. Il 6 gennaio 2023 il farmaco è stato autorizzato negli Stati Uniti. A gugno 2023 Eisai ha presentato una domanda di autorizzazione presso Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici,
Nel frattempo nel 2021 l’anticorpo monoclonale Aducanumab della società biotecnologica americana Biogen ha ricevuto l’approvazione negli USA. Nell’UE non è invece stato approvato.Ad aprile 2021, Biogen ed Eisai hanno presentato una domanda di autorizzazione in Svizzera che è stata poi ritirata nel maggio del 2022. Ulteriori studi clinici saranno condotti nei prossimi anni per misurarne definitivamente l'efficacia.
Alzheimer Europe offre una panoramica di tutti gli studi clinici in Europa sul tema della demenza.
La ricerca sull’Alzheimer in Svizzera
Anche la Svizzera è coinvolta nella ricerca di farmaci per il trattamento del morbo di Alzheimer. Un peso particolare è dato agli studi della società farmaceutica Roche, che ha messo a punto un principio attivo chiamato «Gantenerumab» ora in fase di sviluppo avanzato. Anche questo agente è un anticorpo che distrugge i depositi di Aβ nel cervello. Dalle prime valutazioni degli studi clinici di fase 3 emerge tuttavia una sua scarsa efficacia, pure a dosaggi elevati. Maggiori dettagli del programma di studi saranno resi noti nel quadro di una conferenza internazionale che si terrà a fine novembre 2022, ma è presumibile che i risultati ottenuti sin qui saranno confermati, quindi non esiste ancora una terapia farmacologica per il trattamento dell’Alzheimer.
Il portale sulla ricerca sull’essere umano in Svizzera gestito dall’Ufficio federale della sanità pubblica fornisce una lista di tutti gli studi clinici condotti nel nostro paese.
Fonti:
Cummings, J., Lee, G., Zhong, K., Fonseca, J., & Taghva, K. (2021). Alzheimer's disease drug development pipeline: 2021. Alzheimer's & Dementia: Translational Research & Clinical Interventions, 7(1), e12179.
